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mercoledì 13 luglio 2011

C

cacà [lat. cacare]. - v.intr. - Andare di corpo, cacare. • Espressioni (con uso fig.): Nə magnə pə nə cacà, non mangia per non andare in bagno - per descrivere atteggiamenti taccagni estremi, dove in maniera figurativa si sarebbe disposti a rinunciare alla nutrizione per non dover poi usare il bagno (carta, acqua ecc.). Evidente l’ironia, quando si fa riferimento ad oggetti dal costo irrisorio. E’ un detto piuttosto diffuso.
cacacazzə s.m. e f. volg. - Persona un po’ assilante: ma ch’ cacacazz’ ca si’.
cacacciallə s.m. - Sterco a pallottoline, di topi, conigli, lepri, pecore, capre.
cacajjə v.intr. - Tartagliare, voce onomatopeica creatasi attraverso un ripetersi del suono -ca -ca in riferimento a colui che stenta a parlare, nonostante i suoi sforzi di riuscirvi.
cacamendə s.m. - Scassamento, scassacazzo: solo nelle espr. Chə cacamendə də cazzə!
cacapizzə s.f. - (zool.) Cimice del giardino (Nezara viridula).
cacarijà v.intr. - Emettere suoni rauchi e striduli, propr. detto delle galline dopo che hanno fatto l’uovo, e in genere di polli e di altri volatili quando hanno paura.
cacatàṷrə s.m. - Cesso, vaso da notte. • Espressioni: la faccia ma a lu cacatàṷrə, la faccia mia nella merda, ridotta così dal dileggio.
cacàtə - 1. s.m. - Merda, sterco, escremento. ‣ Prov.: lu cacatə cchì lə visquə, cchì pizzə, la merda, quando più lo rimuovi, più puzza. 2. s.f. - Atto del defecare.
caccà s.f. - Voce fanciullesca, merda, sterco.
caccavellə s.f. - Cosa malridotta, malandata, che funziona a stento.
caccia farmə s.m. - Attrezzo per tirare fuori la forma dalla scarpa.
caccənéllə s.m. - Cucciolo, cagnolino (pl. caccənillə).
caccənéllə s.m. (itt.). - Gattuccio (Scyliorhinus canicula).
càcchə agg. qualche: càcchə jurnə, qualche giorno.
cacchəchéṷsə pron.indef. qualcosa.
cacchədìṷnə pron.indef.m. - qualcuno.
cacchià v.intr. - Germogliare, delle patate, delle cipolle, agli già colti.
cacchjàṷnə s.m. - Ramo che si spicca dal tronco.
cacchiatìurə s.f. parte del corpo umano in cui le gambe si dipartono dal tronco; inforcatura dell’albero.
cacchiatrə s.m. - Pollone dell’olivo: ramo giovane che nasce sulle piante legnose da una gemma avventizia, spec. intorno ai cercini di cicatrizzazione di un precedente taglio.
cacchjə s.m. - Getto infruttifero di un albero coltivato, della vite, del pomodoro, ecc.
cacchjə s.f. - 1. Coppia. 2. Parto gemellare.
cacciamanə s.m. - 1. Vestito leggero, molto corto. 2. Camicetta per neonati.
caccìṷnə s.m. - Cagnolino.
cafullarsə v.pronom.intr. - Accalcarsi, affollarsi.
cafunatə s.f. - Azione o frase maleducata.
cafunàttə s. f. - Contadinella.
caggə s.f. - 1. Calce: lu fossə də la caggə, fosso usato per ottenere una massa plastica, untuosa, ottenuta da calce viva e acqua in eccesso, usata nella preparazione delle malte. 2. Malta.
càggə s.m. - Per celia, fidanzato, fidanzata; parola di gergo uomo, donna, il tale, la persona di cui si parla. • Espressioni: hé rruétə lu càggə, lupus in fabula, parli del diavolo e spuntano le corna; innamorato, amante.
caggəmùniə s.f. - Marna calcarea.
caggəneccə s.m. - Calcinaccio.
caggənettə s.m. - Tipico dolce natalizio.
Caggianə nome prorpio di mucca.
cagnà v.tr. - 1. Cambiare; a cagnatə culàṷrə, impallidire improvvisamente. 2. Barattare, spicciolare una moneta. 3. Mutare. • Espressioni (anche con uso fig.) e prov.: cagnà l’ucchiə nghə la càṷdə, cambia l’occhio per la coda - in caso di scambio fortemente svantaggioso.
càgnə s.m. (fin.). - 1. Permuta di una cosa con un’altra. 2. Cambio, operazione di scambio tra monete o titoli.
cagnə s.f. - Buccia, mallo, il guscio dell’uovo.
cajàṷnə s.m. - 1. Canestro a forma cilindrica per contenere e trasportare paglia, fieno e simili. Grosso cesto. 2. Contenitore cilindrico di canne intrecciate tenuto nelle case dei contadini per mantenervi il grano.
cajə s.f. - Arnese a forma di due grandi ceste, che si adatta sulla schiena delle bestie da soma, allorché si vogliono trasportare i covoni.
cajéṷlə s.f. - Gabbia per uccelli, trappola per prendere gli uccelli. ‣ Dim. cajulattə, gabbietta.
calamarə s.m. - Calamaio, vasetto contenente l’inchiostro in cui si intingeva il pennino per scrivere.
calandrə s. f. [lat. *calandra, dal gr. kálandros]. - (zool.) 1. Uccello passeriforme della famiglia alaudidi (Melanocorypha calandra), dal piumaggio screziato, con un netto semicollare nero su ciascun lato del collo.
calatàurə s.f. - Via per cui si cala, calata.
calatə s.f. - 1. Calata, discesa: a calate lu saule, il sole è tramontato. 2. Riferito alla salute : da candə i s’è mortə lu fejjə à fàttə na calatə, per indicare improvviso o grave mutamento di stato fisico o psichico. 3. a la calatə, così si risponde scherzosamente all’augurio alla salìṷtə.
calatrìunə s.m. (bot.). - Avena fatua (Avena fatua), pianta infestante.
caləcagnə s.m. - Calcagno, del piede, della calza, della scarpa.
caləcarə s.f. - Forno rustico, a forma di tronco di cono o di piramide, per la cottura di mattoni.
caləscègnə s.m. - Saliscendi i ferro delle porte e delle finestre.
Caləvariə s.m. Calvario; toponimo Calvario, sito all’ingresso del paese.
calindrə s.f. pl. -
callaccə s.f. - Caldana, caldura.
callararə s.m. - Calderaio, ramaio: artigiano che fabbrica e ripara caldaie o altri recipienti di metallo. • Espressioni (anche con uso fig.) e prov.: Ha passatə lu callaralə e ma détte faccia tandə,
callàrə s.f. [lat. calidarius, che scalda]. Grosso recipiente metallico, in cui si fanno bollire liquidi.
callarèllə s.f. - Secchio da muratore per portare la calce o altro materiale.
càllə s.m. 1. Caldo, calura: fa lu càllə, fa caldo; è càllə gne lu pušcètə, è caldo come la pipì. Locuzioni fig.: nə mmə fà né callə né fraddə, non fare né caldo né freddo, lasciare indifferente 2. Callo, ispessimento della pelle, specialmente nelle mani e nei piedi, provocato da compressione o sfregamento continuato.
callià v.intr. - Boccheggiare per caldo, specialmente degli animali; aver caldo, emettere calore.
calmə s.m. la parte più alta del tetto: la calmə də lu tattə.
camarrə s.f. - Frode, guadagno illecito.
cambà v.intr. - Campare. tèirə a cambà, tira a campare; cambə a la jurnatə, vivere alla giornata; puzze cambà cent’annə! possa tu vivere cento anni; sə ngə stessə lə fessə lu dərettə nən po cambà, il furbo vive alle spalle del fesso; ‣ Prov.: nu padrə cambə cendə fejjə ma cendə fejjə nən cambenə nu padrə, un padre può allevare cento figli, ma cento figli non provvederanno mai a soddisfare le esigenze di un sol padre, considerazione sull’abnegazione patema e sulla irriconoscenza dei figli. Chə meura meura chə cambə cambə.; scherz.: tu pinzə a mmurè ca cə šta chhə tə portə,
cambanarə s.m. - Sordo.
cambanàṷnə s.m. - Campanone: è la campana maggiore del campanile di Monteodorisio, dal peso di 10 quintali costruita nel 1911 dalla celebre fonderia Marinelli di Agnone (Campobasso), a cura di un comitato di Monteodorisio composto delle seguenti persone: Sindaco Ottavio Suriani, Arciprete Giuseppe Apollonio, Federico Scardapane, Giuseppe Festa, Marcellino Di Prospero, Alfonso Caprara e Giuseppe Vaini, come risulta dall’iscrizione posta all’esterno della stessa campana, non poteva essere più suonato a distesa da circa 6 anni per uno spostamento dell’asse. La vecchia campana era del 1750. Rifatta in onore di San Giovanni Battista e in onore del SS. Sacramento.
cambànə s.f. - Campana. Attaccà lə cambànə, sciòjjə cambànə, smettere di suonarle dalla messa del giovedì santo a quella della veglia pasquale.
cambanellə s.m. campanella è la campana più piccola del campanile di Monteodorisio, è quella che guarda il Nord, è la più piccola, e fu costruita ad Agnone “A devozione del popolo al Sacro Cuore di Gesù e Maria” nel 1900, dal peso di quintali 2.
cambanèllə s.f. - Due rocchi di salsiccia uniti e pendenti dallo stesso filo.
cambanijà v.intr. - Temporeggiare.
cambesandə s.m. - Cimitero, camposanto.
cambəsandàrə s.m. - Guardiano del cimitero.
cambiáṷnə s.m. - Gaglioffo, filibustiere.
cambumélle s.f. (bot.). - Camomilla (Mathricaria chamomilla); l’infuso che se ne ricava, dotato di blanda azione sedativa, digestiva, antispastica e diuretica.
càmə s.f. - Pula, lolla del grano.
camedriə s.m. - (bot.). Camedrio (Teucrium chamaedrys): le sommità fiorite, raccolte a maggio-agosto, hanno proprietà tonico-amare. Veniva usato come decotto amarissimo quale depurativo del sangue e regolatore dell’intestino.
camənatìurə s.f. - Modo ci camminare, andatura: za arcanascə da la caminatìṷrə, si riconosce dall’andatura.
camèiscə s.f. - Camicia: ha fatte na camèiscə di sudàṷrə, gran sudata.
caməscèṷlə s.m. - Nastro di cotone che si applica alla cimosa delle gonne.
canagnə loc. s.f. - Puzza di cane.
canajə s.f. - Canaglia, solo al sing., insieme di gente spregevole, marmaglia.
canalaunə s.m. - Sfaccendato, buono a nulla.
canapîzzə s.m. - Puzzola (Mustela putorius): ha l’abitudine di penetrare nei pollai ed a sterminare tutti i pennuti invece di ucciderne uno solo.
canàscə v.tr. - Conoscere.
canastrə s.m. canestro.
candà v.tr. e intr. cantare: à candatə la massə, ha cantato messa, è stato ordinato sacerdote. Fig. Sunennə e candennə, pagamento contanti.
candàṷnə s.m. - 1. Angolo, cantuccio. 2. Grossa pietra, masso.
candə avv. quanto: candə è bellə!, quanto è bello!; canda castə?, quanto costa?.
candə locuz. avv. - Cande cande accosto, vicinissimo.
candə s.m. (pl. chində) conto: fa lu candə, veitə canda vè, fa il conto, vedi quanto viene; na rrïèšcə li chində, i conti non tornano; rennə candə, rendere conto, rendere ragione delle proprie azioni; pə ccondə mè, per conto mio. • Espressioni e prov.: Chində a chirtə aməcèziə a longhə, conto a corto amicizia a lungo.
candèïnə s.f. 1. Cantina, locale interrato o seminterrato in cui si conserva o invecchia il vino. 2. (comm.) Luogo dove si vende e si consuma vino; osteria, bettola: la candèïnə dǝ Vǝtellǝ, la cantina di Vitelli..
candrə prep. - Contro: candrə di mà, è contro di me; accanto: sta siggə mettelə candrə lu mìṷrə, metti questa sedia accanto al muro; scè n’gandrə a hiunə, andare incontro a qualcuno.
canə s.m. (pl. chénə) - Cane: lu canə fammənə, cagna; canə mortə, dicesi a persona spregevole; m’à fattə gnə nu canə, mi ha fatto come si farebbe a un cane, mi ha strapazzato; mang’a li chénə, non avvenga neppure ai cani! di disgrazia e sim; chénə e chénə nǝn ze macciuchə, fra cani non ci si morde, i malvagi e i potenti no sogliono nuocersi tra loro; lu canǝ c’abbajə nən macciuchə, cane che abbaia non morde. ‣ prov. Lu canə na voddə sə lə fafà a lu chìṷlə la secandə cè mattə la caudə.
canemortə s.m. - Persona che sta in ozio e che non ha né la volontà, né la capacità di fare qualcosa.
cangellə s.m. - Cancello.
cànghə s.f. - Conca: anfora di rame battuto, con due manici, usata per attingere acqua. ‣ Dim. cungarèlle.
cangherə s.f. - Cancro.
cangəllatə s.m. - Grata di ferro che si mette per sicurezza alle finestre delle case.
cannài̯lə s.f. - Candela.
cannàitə s.m. - Canneto.
cannaréi̯nə s.m. - Canale, canna della gola.
cannaròzzə s.f. - Gola.
cannaruzzə s.m. - Rigatoni.
cannə s.f. (metrol.) - Antica misura lineare per la legna, una canna equivale a m. 8 di lunghezza, 1 metro di altezza e un metro di larghezza e a circa 18 q.li..
Canelèṷrə candelora, festa della Purificazione di Maria, che cade il 2 febbraio, in cui si svolge la tradizionale benedizione delle candele. Canz.: è dumanə è la Canəlèṷrə, u ci nanghə u ci pieuvə da l’immernə semə feurə, villə villə nu sulutillə quaranta jurnə di virnitillə, domani è la Candelora, o che nevichi o che piove dall’inverno siamo fuori, ma se c’è il sole avremo altri quaranta giorni d’inverno.
cannèllə s.m. - Matterello. Loc. mbrujè lə cannillə, intralciare un negozio, un contratto.
cannellə s.f. - 1. Parte terminale, di regola metallica, di una conduttura destinata ad erogare l’acqua per uso pubblico o domestico: na cannellə d’acquə. 2. (enol.) Tubo di legno, simile al precedente, che serve ad estrarre il vino dalla botte: nella sua forma più semplice è un legno tondo forato chiuso con lo zipolo.
cannillèinə s.m. - 1. (estens.) Tipo di confettini di zucchero di forma allungata. 2. (bot.) Varietà di fagiolo bianco dalla forma allungata.
cannillìccə s.f. - Cannucce del telaio.
cannèzzə s.f. - Canna selvatica.
cannəzzètə s.m. [lat. tardo cannicius) fatto di canna] - Recinto, steccato fatto con le canne.
cannilirə s.m. - Candeliere.
cantinìrə s.m. - Cantoniere.
capabballə avv. di luogo - Giù, laggiù.
capallà avv. di luogo - In fondo, al termine della strada.
capàllə s.m. - Capello.
capammandə avv. di luogo - Su, verso la parte alta. • Espressioni: jave capammandǝ e capabballǝ, andava su giù.
capannə s.m. - Pergolato, vigneto a pergola.
capatìṷrə s.m. - Scarto, la parte scartata; la parte scelta.
capattazzə s.m. [dallo sp. capataz «caposqyadra, fattore» - Capo della compagnia, capobrigata, capo in genere.
capazzə s. f. [lat. capĭtium, der. di caput -pĭtis «capo, testa»]. - 1. Fune che serve a tenere legato per il capo il cavallo o altra bestia. 2. (fig.) Freno. • Locuzioni fig.: mettere la cavezza (a qualcuno), limitarne la possibilità di agire liberamente; a capazzə nderrə.
capə s.m. 1. Capo: chi è lu capə, chi è il capo. 2. Estremità: il bandolo della matassa; filo che concorre a formare un filo più spesso: cuttàṷnǝ a quattrǝ capǝ, cotone a quattro fili. capə d’ejjə, capo d’aglio; capə d’acquə, vena d’acqua; capǝ latrǝ, mariolo; mettǝ capǝ a vvevǝrǝ, mettere su casa, procacciarsi una posizione; anche mettere il cervello a partito; nǝn dè né ccapǝ ne caudǝ, .
càpə aver posto, entrare in un’apertura, essere contenuto; fraseol.: ci càpe, vi entra; ngi càpə, non vi entra.
capəchìṷlə locuz. avv. - Sottosopra, con la parte di sopra messa di sotto.
capəcollə s.m. 1. Nuca, cervice. 2. Salume fatto di un pezzo cilindrico di carne tolta dalla regione dorsale del maiale presso il collo.
capəlescə s.f. - Pettinatura.
capəllàrə s.m. - Mestiere ambulante legato ai capelli: il capellaro si aggirava per le case del paese con un sacco a tracolla annunciando la sua presenza al grido di “capillə capəllarə?”: l’uomo comprava capelli delle donne che li tagliavano appositamente o raccoglievano pazientemente quelli perduti in cambio di pochi spiccioli necessari per acquistare vestiti o altro.
capelòttə s.f. - Capitombolo, capriola.
capəscalə s.f. - Gradinata.
capescièulə s.m. [dallo sp. capichola «tessuto di seta a cordonetto»- Nastro dozzinale, per lo più di cotone.
capəstè v.tr. - Calpestare un terreno coltivato, premere ripetutamente con i piedi, camminando sopra, talvolta in segno di rabbia o di spregio. Espressioni: mo tə capestə də mazzatə. ‣ Part. pass., capəstètə anche come agg., calpestato.
capəzzàṷnə s.m. - Uomo coraggioso e temerario, capace di qualunque audacia.
capòccə s.f. - Capocchia, testa di spillo, di fiammifero, di chiodi. • Espressioni (con uso fig.): na capoccə de cazzə.
capparellə s.m. (bot.). - Fungo mangereccio.
cappə s.f. - Cappa, mantello largo, lungo, di color nero, con colletto, per uscire nelle stagioni fredde, indossata sopra la giacca anche con un lembo dietro le spalle. Cappə e spàisə nən pàisə.
cappèllə s.m. - Glande (per l’analogia con la cappella dei funghi). • Espressioni (con uso fig.): T’arsumèjə  ha na cappèlə de cazzə.
cappèllə s.f. - Varietà di grano duro “Senatore Cappelli”, si chiama proprio così, in onore del senatore abruzzese Raffaele Cappelli, promotore nei primi del ‘900 della riforma agraria.
cappəllettə s.m. - 1. Pop-corn.
cappəllettə də lə cannə s.m pl. - Pellicola rotonda e biancastra, tra nodo e nodo di canna, usate per curare le ferite.
cappiccə s.m. (abbigl.) a. Copricapo di forma appuntita, spesso attaccato al collo del mantello o dell’abito, conservato oggi da alcuni ordini e confraternite religiose e applicato tuttora a cappotti, impermeabili, giacche a vento.
cappiccə s.f. (bot.) - Cavolo cappuccio.
caprattə s.m. - Capretto.
caprə s.m. - Macchie rosse che si formano nelle gambe quando si tengono spesso e troppo vicine al fuoco.
capuanellə s.f. - (gioc.) Tiro ad effetto nel gioco delle biglie.
caracéinə s.m. - Fico che incomincia ad appassire sull’albero.
carafə s.f. - Buca.
carafungiallə s.m. - Orciuolo, fiasco.
caraštàṷsə agg. - Negoziante che vende a caro prezzo la sua merce.
caravòcchjə s.f. 1. Scavo nel muro o in terra. Espressioni (con uso fig.): nicchǝ e nacchǝ a lu caravocchjǝ. 2. (fig.) Stanza piccola, buia e misera.
cardà v.tr. - Cardare.
cardáṷnə s.m. - 1. Gobbo, nome con cui sono indicati i getti laterali del carciofo, di cui si mangiano le costole delle foglie, che vengono interrati perché si inteneriscano e si imbianchino le coste delle foglie. 2. Cibo di rito a Natale.
cardéllə s.m. - (Zool.) Cardellino, piccolo uccello canoro (Carduelis carduelis).
cardélliccə s.m. - (bot.) Cardo campestre (Cirsium arvense).
carjamùrtə s.m. - Carro funebre.
carijà v.tr. - Caricare (con o senza mezzi) oggetti da un luogo per trasportarli in un altro. ‣ Part. pass., cariatə anche come agg., caricato.
carìṷsə s.m. - fig. ma fattə nu carìṷsə, gerg. Conciare per le feste.
carlocchiə agg. - Tipo trasandato, ridotto male nel vestiario e nella cura della propria persona.
carnàcchjə agg. - Spiacevole odore che mandano bicchieri e piatti mal lavati, che da lezzo di carne.
carnevalə s.f. - sti vistíṷtə gnè nu carnevalə, vestito malissimo.
carnəvelə s.m. - Giovani travestiti.
caròfənə s.m. - 1. Garofano. 2. Ironico: sì nu carofənə, un buono a nulla.
carpé v.tr. - Svellere, estirpare, sradicare; rubare, prendere.
carrà v.tr. - Tracciare, fare un tracciato sul legno.
carrarə s.m. - Fabbricante di carri agricoli, carradore.
carratillə s.m. - Piccola botte.
carràṷne s.m. - (trasp.) Veicolo a quattro ruote che si tira a braccia, per trasporto di roba, merci ecc., in voga ancora alla fine degli anni ’60 essa era il risultato di una accurata, lunga e meticolosa costruzione di un “mezzo fuoriserie” di legno che potesse sfrecciare, facendo stare seduto comodamente il conduttore e magari anche qualcuno in più, lungo le discese o le vie del paese… Si costruiva montando dei cuscinetti d’acciaio a sfera, come ruote, ai lati di una solida piattaforma di legname di circa uno metro quadro di forma rettangolare. Il manubrio era costituito da una corda collegata all’asse anteriore sterzabile.
carrə v.intr. - Correre, accorrere: chirrj’appressǝ; chə ti carr’appressə, chi ti corre dietro.
carrə s.m. - Carro: Vàlə cchi ‘n àcquə fra Màgg’ e ‘bbreilə, che nu càrrə d’eurə nghə ttuttə chi lə teirə. Vale più l’acqua fra maggio ed aprile che, che un carro d’oro e tutti quelli che lo tirano.
carrirə s.f. - Strada carreggiabile, via percorsa da carri.
carruzzirə s.m. - Chi guida per mestiere una carrozza a cavalli, sia in servizio pubblico sia di proprietà privata.
carsə s.f. - Corsa.
cartə agg. - Corto: cartə e malə cavatə, si dice di un ometto basso, tarchiato, astuto, cattivo e col diavolo in corpo.
cartèi̯nə s.f. - Carta velina da sigaretta.
cartèllə s.f. - Medicina. • Espressioni: lu medechə j’à urdunatə lə cartellə.
carusèllə varietà di grano tenero dal chicco bianco, senza arista.
carvàṷnə s.m. - Carbone. • Espressioni (anche con uso fig.): è näï̯rə gnè nu carvàunə, è nero come un carbone.
carvunarə s.m. - Carbonaio.
carvunèllə s.f. - 1. Carbonella, brace. 2. (agr.) Malattia del grano e dell’orzo dovuta a un fungo parassita che si presenta come polvere nerastra.
casameccə s.f. - Casa in disordine, confusione.
casamendə s.m. - Grande fabbricato, casa grande.
casarèinə s.f. - Casetta di campagna, villetta.
casarijà v.tr. - Andare in giro di casa in casa: va sembrə casariènnə, non fa altro che andare sgonnellando.
casattə də lu campesandə s.m. - Cappella cimiteriale.
cascatàṷnə s.m. - Cadere pesantemente al suolo. So ccuppatə nu cascatàṷnə.
cascatàṷrə s.m. - Grosso crivello.
càscə s.m. - Cacio, formaggio; gnè lu càscə soprə lə maccarìṷnə, come il formaggio sopra i maccheroni: è risaputo che il formaggio è un ingrediente che va molto d’accordo con un piatto di pastasciutta. Quando, perciò, una circostanza cadeva a proposito, si usava il detto per dimostrare l’adeguatezza del fatto riscontrato. Ni stattàmə mèzz’a a la pezzə də lu càscə, noi ci troviamo in mezzo alla forma del formaggio, cioè, quanti altri si trovano in condizioni peggiori delle nostre.
cašcə s.f. [lat. capsa “scatola, contenitore”]. - Cassa: la cašcə da mortə, cassa da morto; la cašcə də la biangarejə, cassa per biancheria. • Dim. cašciattǝ; fig. cuore.
cašcègnə s.m. (bot.). - Crespigno (Sonchus oleraceus), pianta erbacea: durante l’autunno e l’inverno la intera rosetta basale si può consumare lessata e condita come gli spinaci, oppure ripassata in padella, mentre prelevando solo le foglie centrali si ottiene un’ottima insalata. Altri usi comuni sono in zuppa, mescolato ad ortaggi vari.
caschə s.f. - Tempo della maggiore abbondanza specialmente della frutta: ci stà na casche di pammadèṷre, c’è abbondanza di pomodori.
caschènnə s.f. - Caduta.
cašciabbanghə s.f. - Cassapanca.
casciattə s.f. - Scatola di legno.
cascillə s.m. - (fanc.) Nome fanciullesco per indicare il formaggio
casə s.f. - Ritorta di gambi di grano con la quale si legano i covoni man mano che si miete.
casə s.f. - Casa. ‣ Prov.: la casǝ nghǝ dù portǝ lu diavǝlǝ zǝ lǝ portǝ, la casa con due porte il diavolo se la porta (via) - per un capofamiglia è difficile controllare una casa se le spese non sono controllate solo da lui. Le porte rappresentano il controllo delle uscite finanziarie.
ccasiàṷnə s.f. - Cagione, motivo, occasione: m’a dàt’ ccasiàṷnə, mi ha molestato; nə jə dà ccasiàṷnə, non dargli il pretesto.
casirillə s.m. - Salvadanaio.
cassə s.f. - Cassa del telaio, ossia quei due legni orizzontali paralleli l’uno al di sopra dell’altro, distanti quanto è la larghezza del pettine, che vi si frappone.
càssə agg. e pron. dimostr. - Codesta.
Caštəllíccə toponimo, Castelluccio.
castratə s.m. - Maschio della pecora castrato, spec. quando è macellato.
casurà v.tr. - 1. Tosare, tagliare il vello alle pecore, per ricavarne la lana, e anche ad altri animali a pelo lungo. 2. Riferito a persone, tagliare i capelli piuttosto corti.
catàinə s.f. - Catena.
cataplàsmə s.m. [dal lat. cataplasma, cataplasmus, gr. katáplasma, der. di kataplássō “spalmare”] - 1. Mezzo curativo, costituito da una pasta composta di sostanze vegetali mucillaginose, oleose o amilacee, che viene raccolta in garza o panno sottile e applicata per lo più calda sulla pelle, a scopo emolliente, sedativo, revulsivo, ecc. 2. (fig., spreg.) Persona noiosa, molesta, da cui è difficile liberarsi.
cataràttə s.f. - Botola.
catarrə s.f. - Arnese (30 x 40-45 cm circa), costituito da un telaio sul quale sono ben tesi dei fili metallici, impiegato per fare i maccheroni.
càtəchə s.f. - Cotenna del maiale.
catənèllə s.f. - Anello infisso al muro a cui si legano gli asini.
catìllə s.m. (bot.). - Il riccio del seme d’una pianticella campestre, la scabiosa arvale, che nasce fra le stoppie e s’attacca al vello degli ovini e agli abiti di chi cammina fra esse.
catòrchiə s.f. - Rizoma delle canne, parte inferiore della pianta della vite.
catrafòssə s.m. - Burrone profondo.
càṷdə s.f. - Coda. Nell’uso comune, coda dell’occhio, càṷdə d’ucchjə, sbirciare, senza farsene accorgere.
càṷldrə s.f. - Coperta pesante da letto, per lo più imbottita di lana.
càṷlmə agg. - Colmo, pieno fino all’orlo.
càṷtə s.f. - Cote, attrezzo usato per affilare costituito da una pietra abrasiva (in genere un calcare ricco di silice).
cavaccə s.m. - 1. Gozzo degli uccelli e dei gallinacei. 2. L’insieme dei tessuti molli, che nelle persone grasse pende tra il mento e il collo. ‣  arniè lu cavaccǝ, empirsi il gozzo, mangiare avidamente, a sazietà.
cavaddài̯tə s.m. - Gnocchi fatti con le dita.
cavalláṷnə s.f. - Donna dall’aspetto virile.
cavalláṷnə s.m. - Onda marina.
cavallə s.m. [lat. caballus “cavallo da lavoro, cavallo castrato”]. - Cavallo. ‣ Prov.: da cavallə də carrozzə a cavallə də trappèitə, usato quando si è in qualche modo declassati o considerati meno di quello che si ritiene di valere.
cavallə s.m. - Dolce pasquale: sorta di pasta dolce foggiata a mo’ di cavallo.
cavalleinə usata nell’espressione dormə a la cavalleinə, cioè dormire sul tavolo con la mano poggiata sul mento.
cavascə s.f. - Andare a cavallo, sull’asino, sul mulo. nu lònghə e na cavascə. Fig., congiungersi nell’atto sessuale, detto degli animali o dell’uomo. ‣ Dim. cavasciallə.
cavəcchiarə s.m. - Perno del carro.
cavəcchiaunə
cavəcchiə s.m. - Chiovolo del gioco dove si infila la stanga.
cavǝlǝfiaurə s.m. - 1. (bot.) Cavolfiore (Brassica oleracea botrytis). 2. Persona piuttosto ingombrante, indolente.
cavìṷtə s.m. - Buco, foro; lu cavìṷtə də lu chìṷlə, l’ano.
cavìṷtə s.f. - Buca, ambiente angusto, spec. squallido e buio: hàbbətə dandrə na cavìṷtə də càsə, vive in una casa piccolissima. ‣ Dim. cavutallə.
cavocchiə s.f. - Buca.
cavuté v.tr. - Bucare, forare.
cazzàttə s.f. - Calze.
cazzàrillə s.m. - Persona piccola (in senso spreg.), essere insignificante.
cazzàṷnə s.m. - Persona stupida, non intelligente o incompetente (nonostante si arroghi, invece, autorevolezza).: nu cazzàṷnə amərəcanə.
càzzə s.m. (pl. “Kézzə”), membro virile, pene. • fig. È frequente in molte locuz. col sign. di cosa di nessuna importanza o di niente coccǝ dǝ càzzǝ, nən vàlə nu càzzə, nulla del tutto; graziǝ a lu càzzǝ, replica volgare a qualcuno che ci ricorda una cosa scontata o banale. Nella locuz. fig. (parlare, ragionare, ragionamento) a càzzə də canə a cazzo di cane, in modo contorto, senza criterio, o privo di logica. štà sèmbrə nghə lu càzzə mmácquə, nel parlare dice sempre la parola “cazzo”, si esprime in modo volgare; off., tə na fàccə də càzzə, a seconda del tono in cui viene detto, può avere diversi significati: una persona sgradita, soprattutto perché antipatica di primo acchito; oppure una persona sfacciata; mo’ attàccatə a štu càzzə, ora attaccati al cazzo, arrangiati; hé kézzə da cacà, son cavoli amari; fà šchéfə a lu càzzə, è cosa terribilmente schifosa. Scherz., mə vu’ purtà’ lu càzzə a pəscé? Vuoi portare il mio uccello a far pipì? (L’espr. è impiegata al solo scopo di prendere in giro o provocare qualcuno). Anche come rafforzativo nelle domande: Chə càzzə hè! Chə càzzə fí! Ma che cavolo!. Càzzə e cucchierǝ culo e camicia.
cazzəjatə s.f. - Rimprovero.
caӡӡìṷnə s.m. - Pantaloni.
cazzò – Interiezione esprimente commento sorpreso od un fatto inaspettato.
cazzòttə s.m. - Panino che ha la forma di un pugno. ‣ Dim. cazzuttallə.
ccàṷnə agg., pron. e avv. - Un po’, una parte; fraseol.: stittə n’addrə ccà: trattieniti un altro poco.
cchì più.
cciàppə s.f. - Fermaglio, gancio.
ccədajə s.m. - Carneficina anche, fig. sfacelo, cose disordinate.
ccungiulliccə avv. - Tantino, pochino.
ccupaggià v. pronom. - Imbottirsi con maglia, maglietta, cappotto, ecc. ccupàggèjətə bbèṷnə ca fà lu fraddə. ‣ Part. pass. ccupaggiatə, anche come agg. ben fornito e imbottito di maglia, maglietta, cappotto, ecc.
cəcàgnə s.m. - Sonnolenza, assopimento.
cəcəlijé v.intr. - Il rumoreggiare caratteristico del paiolo immediatamente prima dell’ebollizione.
cəcərənèllə s.f. - Tavola collocata in equilibrio sopra un sostegno (tronco, sasso o sim.), alle estremità della quale siedono due persone che, per gioco, s’innalzano e si abbassano alternatamente.
cəchètə s.f. - Germogli sterili della vite.
cəchèṷrə s.f. (bot.). - Cicoria (Cichorium intybus), è una pianta erbacea ad ampia diffusione. Fig. va pi cichèṷrə, è rimasto sul lastrico.
céfərə s.m. - 1. Diavolo. 2. Detto a persona che è assai rabbiosa, collerica.
cefrəcognə parlare un linguaggio, un dialetto incomprensibile.
cèicə s.m. (bot.). - Cece (Cicer arietinum). • Espressioni (anche con uso fig.) e prov.: è nu petə də cèicə, è un cosino, un omino. nən z’arcapazzə ne cèicə ne fasciulə. Locuzioni fig.: ne po’ tenà ttre cèicə m’acquə, essere incapace di mantenere il minimo segreto . è iut’a fà la terrə pə lə cèicə, è morto.
cèimə s.f. - Cima. Locuz. n’ gèimə, in cima; fam., è na cèimə, persona che eccelle in un determinato campo
cèjə s.m. - Ciglio degli occhi.
cèllə s.m., volg. - Pene.
cəllèinə agg. - Di uomo: scherzoso, vispo, arzillo.
cəndrallə s.f. - (artig.) Chiodo corto con capocchia larga usata come protezione delle suole delle scarpe da campagna : cəndrallə a ddu bbóttə, chiodo con la testata a due facce; cəndrallə arbattìutə, chiodo usato per preservare la punta della scarpa.
cəneratə s.f. -
cərcà v.tr. - Chiedere. circh’ə ddummannə, chiedi e domanda, c’è tutto quello che si desidera.
cèrchə s.f. - Quercia, roverella. • Espressioni (anche con uso fig.) e prov.: hé na c. d’ómmenə, è un bel pezzo d’uomo; La cerchə chə pò fa? la iannə! La quercia, che cosa può fare? La ghianda. Toponimo, circhə də la fantə, quercie della Fonte. ‣ Dim. cərcàttə.
cərèscə s.m. [lat. tardo cerasium] - Ciliegio, ciliegia.
cəróggənə s.f. - Candelotto piuttosto corto e grosso.
cərònechə agg. - Maturo non maturo.
cèrtə s.f. - Resta, filza di agli o di cipolle, ottenuta intrecciandone i fusti: na cèrtə d’èjə, e cəpallə, una filza di agli, di cipolle..
cèrvə agg. - Di sapore aspro, acre, pungente, non maturo.
cətəlàllə s.m. - Bambinetto, piccinino.
cètələ s.m. - Bimbo, bambino: Chi è natə? Na citilallə. Chi è natə? Nu bellə cètələ omenə? ; nazzecà lu cétələ, cullare il bambino.
cətràngulə s.m. (bot.). - Arancio amaro (Citrus Aurantium L.).
chəcàccə s.f. [lat. tardo cucutia «cocuzza»]. - (bot.). Zucca (pl. chicaccə). Dim cucucciàllə. • Espressioni (con uso fig.): é na chəcàccə, iron., non capisce nulla, testone.
chèchərallə s.f. [dallo sp. xícara «piccola ciotola o tazza»] - Piccola tazza per bevande.
cheggə s.m. - Calcio, colpo dato con il piede: mo tə tèirə na cheggə tra vesprə e sərənatə, mo tiro un calcio in culo.
chèilə s.m. - Chilo.
chənàcchiə s.f. - 1. Conocchia. 2. Organo sessuale femminile (per l’aspetto peloso). • Espressioni (con uso fig.): tə lə faccə gnè na chənàcchiə.
chèṷcə v.tr. 1. Cuocere: si cùttə li maccarìǔnə? Hai cotto i maccheroni, la pasta?; chi cucə ujjə, cosa cucini oggi. Lu maisə də dəcembrə annènzə me chèṷcə ə arrétə mə ngènnə, nel mese di dicembre (costretto a stare accanto al fuoco), dinnanzi mi scotto, dietro sento il dolore del freddo. 2. Scottare, bruciare, di cibi troppo caldi lu bbèṷdə chèṷcə, il brodo è bollente. 3. Di peperoni e simili: gnà chèṷcə stì pipìṷnə, come sono piccanti questi peperoni. 4. Bruciare, scottare, del sole, chèṷcə stu saṷlə, scotta questo sole.
chèṷrə s.m. - 1. Cuore. • Espressioni (con uso fig.) e prov.: nghə tuttə lu chèṷrə, con tutto il cuore; a chéṷrə a chèṷrə, da solo a solo; nə mə deicə chèṷrə, esprime la mancanza di voglia o di stimoli nel fare qualcosa; còrə də la mamma sé, cuore di mamma. 2. Cuore, dolce pasquale fatto con pasta lievitata, cotta al forno.
chéusə s.f. - Cosa.
chichənellə agg. - Cosa cara.
chinələ s.f. [lat. tardo cunula]. - Culla.
chisciccìsə che tu possa essere ucciso, maledizione.
chíṷlə s.m. - Ano: chíṷlə vrattə, culo sporco. (fig., volg.) Fortuna esagerata: tè nu chíṷlə!; avere culo, essere fortunato. Mbannə lu chíṷlə e tə n’arvì, stare poco tempo in un luogo. Prov.: sə tè lu chíṷlə gnè la vaccuə, avessə fetetə l’euvə də lə paparìṷnə.
chìṷpə s.m. [lat. cupa]. - Arnia, alveare.
chjacchjaràṷnə agg. - Chiacchierone.
chjachillə agg. - Un buono a nulla. • Dim. chjachilləttǝ.
chjandèllə s.f. - 1. Strato esterno della suola delle scarpe. 2. volg. - Accoppiamento sessuale.
chjapparillə s.f. - Pinzetta o molletta da bucato, per fermare o stringere sulla corda la biancheria.
chjandèllə s.f. - 1. Soletta, rivestimento di cuoio leggero o di altro materiale della parte interna della suola delle scarpe. 2. Coito. Na chjandèllə na valìṷtə na lìṷmə d’ujə,
chjài̯nə agg. - Pieno: liunə chjàinə, luna piena.
chjanə avv. - Piano, adagio: chian’ a cchianə, pian pianino.
chjappamàsquə s. m. - Uomo consacrato all’ozio, ma anche babbeo.
chjappacillə s. m. - Uomo divagato.
chjarèi̯tə assol. - Nel gergo, bere vino a iosa, è ubriaco.
chjatrə s.m. - Zucchero sciolto nell’albume dell’uovo, che si spalma su alcune specie di dolci.
chjavà v.tr. 1. Dar colpi, vibrare, assestare: mo tə lə chiavə mbaccə, adesso te lo tiro in faccia. 2. (volg.) Possedere sessualmente qualcuno; con uso assol., avere un rapporto sessuale. 3. fig. Ostinarsi col pensiero o con la volontà: sə la chiavatə a la còccə, s’è le messo in testa, si è ostinato.
chjavèinə s.f. - Chiave piccola dei cassetti, del comò ecc.
chjavicàṷnə s.f. - Furbacchione; donna di malaffare.
chjécchjǝrə s.f. - Chiacchiera. • Espressioni: lə chjécchjǝrə fa lə pidùcchiə; lǝ chjécchjǝrǝ zǝ lǝ portǝ lu ventǝ, le chiacchiere sono portate via dal vento - quando si vorrebbero più fatti. chjécchjǝrə murtə, parole buttate al vento indicanti cose poco o nulla credibili.
chjèṷchjə s.f. - 1. Cìocia. 2. Donna di malaffare. 3. Donna a cui la vecchiaia abbia aggrinzita la pelle.
chjèṷvə s.m. pl. chjiṷvə [lat. clavus]. - Chiodo. Espressioni: chjèṷvə mbrantə: un pensiero, una preoccupazione assillante, sempre presente.
chjuchjérə s.m e f. - Nome dato ai mietitori che venivano a Monteodorisio e che calzavano le cioce.
chjuppə s.m. (bot.). - 1. Pioppo. 2. Restar senza bere.
chjurmə s.f. - Gruppo, moltitudine, ciurma.
ciabbóttə s.f. [prob. dal turco čabata ‘scalcagnata’]. - Piccola banda (che si limita normalmente a questue, processioni, piccole esibizioni di piazza, etc.).
ciabbuttə - Spregiativo di persona grassa e di bassa statura.
ciacch’acciacchə danno, eccidio.
ciaccahallèinə s.f. (bot.). - Ceppita (Inula viscosa) un’erba perenne delle composite tubuliflore, che forma ampi cespugli; è tutta cosparsa di peli ghiandolosi che la rendono vischiosa e di odore forte e sgradevole.
ciaccià s.f. - Voce fancullesca e scherzosa, carne da mangiare.
ciacciachéṷlə s.f. - (ornit.) Gazza (Pica pica).
ciaccìottə agg. - Ciccione, grassotto.
ciacià s.f. - (ornit.) Cesena, grosso tordo (Turdus pilaris) con la testa grigia, il dorso rossiccio e la gola e il petto giallo fulvo a macchie nere.
ciafràune s.m. - (spreg.) 1. Di persona trasandata. 2. Sfaticato.
ciahulejé v.intr. - Cicalare, bisbigliare.
ciàirə s.f. [lat. cera]. - (biol.) Cera, sostanza molle e giallastra prodotta dalle api per costruire i favi, plasmabile al calore, usata per fare candele, cosmetici. La ciàirə sə chinziṷme e la pricəssiàṷnə nən camèinə, la cera si consuma e la processione non cammina (tante discussioni e non si conclude nulla, si spreca solo fatica, ossia la cera). Nin pò sindè la pizzə di ciàirə, dicesi di chi non frequenta mai la chiesa
ciàirə s.f. [dal fr. ant. chiere (mod. chère), gr. kára “testa”]. - Aspetto del volto, come manifestazione di buono o cattivo stato di salute. • Espressioni: mamma mà, che brutta ciàriə ttì, mamma mia che brutta cera hai!; tè na ciàirə... è così pallido.
ciàitə s.m. - Aceto. • Espressioni (con uso fig.): la màmmə də la ciàitə, la mamma dell’aceto; è furtə gna la ciàitə, è forte, aspro come l’aceto; in senso fig., scherz. per antitesi, è una persona debole; è ciàitə vracə, quando il vino diventa aceto; sə n’è jṷtə all’ciàitə, è andato fallito.
cialàṷnə s.m. - Chi veste alla sciattone.
cialìṷnə s.m. - Fiocchi di neve.
ciamarèllə s.f. - Farfalla.
ciambanə s.m. - Drosophila o moscerino della frutta o moscerino dell’aceto (Drosophila melanogaster). ‣ Dim. ciambanéllə.
ciambégliə - Tralcio.
ciambəllàunə s.f. - Ciambella.
ciambòttə s.f. - Allegra riunione fra amici per mangiare e bere in abbondanza, baldoria, bisboccia .
ciammajjeichə s.f. - Lumaca.
ciàmmə s.f. - Gobba; gibbosità. • Espressioni (con uso fig.): i’é scìute lu ciàmmǝ, è diventato gobbo; mo’ ta hèscǝ lu ciàmmǝ, stai diventando gobbo (a chi cammina sempre curvo o a chi eccede nel portare pesi enormi); i se scallatǝ lu ciàmmǝ, quando non vuol più lavorare.
ciamurrə s.m. [dal fr. ant. chamoire, chamorge, lat. *camoria “moccio”]. - Forte raffreddore di testa, flusso di muco dal naso.
ciandə s.f. - Cintura. La chiavə n’ciandə e Martèinə dandrə,
ciandrə s.m. - 1. Centro. 2. Pizzo o merletto che si pone per ornamento su un tavolo o sotto qualche vaso o soprammobile.
ciànebbələ s.m. - Uomo brutto, disordinato.
ciànerə s.f. - 1. Cenere. 2. Peronospora.
ciangàunə s.m. - Toppo, troncone dell’albero tagliato che rimane nel terreno, ceppo.
ciangàttə s.m. - Sgambetto.
ciangàttə s.f. (zool.) - Suacia foscia (Arnoglossus laterna).
ciangə s.m. - Stoppino della lampada a olio o della candela.
ciangə s.m. - Cencio, straccio, pezzo di tessuto vecchio e logoro.
cianne s.m. - Cenno, occhiolino, strizzata d’occhio.
ciapparàṷnə s.m. - Montonico bianco, grappolo grande.
ciappàttə s.f. 1. Gancio. 2. Firma contorta.
ciàppə s.f. pl. - Rametti e fronde che restano sul terreno dopo la potatura di alberi, impiegati un tempo quale combustibile economico e servivano soprattutto per l’accensione della legna.: è jutə pə ciappə, è andato per legna; a lu ciappǝ, andare a lavorare. ‣ Prov.: qṷatrèinə e ciappa secchə, appeccə lu fèṷchə mezzə all’acquə, (con) i soldi ed i ceppi secchi arde il fuoco (anche) in acqua - con i mezzi idonei (l’universale denaro in primis) si può fare anche l’impossibile.
cciàppə s.f. - Fermaglio, fibbia.
ciappìunə s.m. - Nespolo (Eriobothrya japonica).
ciaràllə s.m. [a.fr. charaut]. - Incantatore di serpenti, il settimo figlio, dopo altri sei figli maschi nati l’uno dopo l’altro o la settima figlia, procreata dopo altre sei femmine. A lu ciarallə e a la ciarallə il popolo attribuisce virtù meravigliose. Tra le altre, che la loro saliva guarisca morsicature degli animali velenosi.
ciarciàjjə s.m. - Balbuziente, tartaglione.
ciarcìllə s.m. pl. - Orecchini.
ciarillə s.m. - Cilindro di pasta cotta al forno o sotto la brace.
ciáštə s.f. [lat. cĭsta, gr. kístē]. - Cesta. • Espressioni (anche con uso fig.) e prov.: chǝ sa fa la ciáštǝ, sa fa piurǝ lu canáštre, chi sa fare il paniere, sa fare pure il canestro, chi sa fare il poco, sa fare anche il molto; carijà l’acquə nghə la ciáštǝ, trasporti l’acqua con un cesto - e quindi è minima o inesistente la quantità di liquido che arriva a destinazione. Indica quando si usano mezzi inopportuni per una certa mansione oppure non si fa la dovuta scorta di un prodotto e, pertanto, si deve tornare molte volte a rifornirsene. Muschə a la ciáštə, farsi i fatti propri.
ciaulià v.tr. - Parlottare, parlare a bassa voce.
ciavajə s.m. - Amante.
ciavàrrə s.m. e f. [lat. ciavarrus agnello di un anno] - Montone giovane. • Espressioni (con uso fig.): (spreg.) è lo stesso che cornuto, usato per ingiuria parlandosi di uomo.
cibbé v.tr. - Satollarsi.
cîccə s.f. - Vagina, vulva. ‣ Prov.: sə messə la cîccə mménə a li quatrerə e cə fecchə li cippitìllə, hai affidato ai piccoli delle cose che non sono alla loro portata (pertanto, non sanno usarle); a chi n’j’ piacə la cîccə e lu vèi̯nə, pò murè già dumanə matèinə, a chi non piace la fica e il vino, può morire già domani mattina.
ciafràunə s.m. - Persona con viso grande, brutta.
ciccə di pèchərə s.f. (bot.). - Radicchiella minore (Crepis neglecta), pianta spontanea usata in cucina: le foglie più tenere della rosetta basale consumate crude sono un’ottima insalata da sole o con altre erbe con le quali vengono anche utilizzate cotte e condite con olio e sale.
cichə s.f. - Sbornia. ‣ Accr. ciucàṷne, sborniàccia.
cicì nome fanciullesco per indicare i legumi.
cicciottə agg. - Persona molto grassa.
ciciarìllə s.m. pl. - 1. Granelli di neve gelati. 2. Minestra fatta di legumi e cereali che si mangia il 1° maggio.
cicirchiatə s.f. (gastr.)- La cicerchiata è un dolce tipico legato alla ricorrenza del Carnevale. Il dolce è a base di pasta di farina, uova, olio e zucchero. Da questa si ricavano palline di circa un centimetro di diametro che vengono fritte nell’olio d’oliva. Scolate, vengono disposte “a mucchio” e ricoperte di miele che, colando negli interstizi tra una pallina e l’altra, le cementa e dà solidità alla struttura. Con tutta probabilità il nome di cicerchiata ha origine medievale e deriverebbe dalla cicerchia (Lathyrus sativus), un legume simile al pisello (Pisum sativum) o al cece (Cicer arietinum), molto diffuso all’epoca nella zona umbro - marchigiana, come in molte altre zone d’Europa e non solo. Secondo quanto detto, il significato di “cicerchiata” sarebbe quindi quello di “mucchio di cicerchie”.
cìculə s.m. - 1. Cicciolo, pezzettino di carne (per lo più di grasso) utilizzato per fare un tipo di pizza detta appunto pezzə di cìculə. 2. Morbido, soffice, propriamente di pane fresco: cìculə cìculə, molto morbido.
cìff’e cciaffə s.f. - Specie di fricassèa, vivanda fatta con carne spezzettata, aglio e peperone
cìffulə s.m. - Fischio.
cilə s.m. cielo.
cillettə s.m. - Tonchio: insetto le cui larve mangiano i semi di diverse leguminose.
cillə s.m. - Dolce casereccio riempito di mostarda, marmellata, miele
cimarulə agg. - Di frutto, che nasce in cima alla pianta e che generalmente è più piccolo e meno pregiato.
cimindà v.tr. - Molestare, dar fastidio, annoiare.
cinesciə s.f. [lat. cinisia «cenere»]- Cenere calda, con ancora qualche favilla di fuoco.
cingìṷnə s.m. - Grossi fiocchi di neve.
cininnə agg. - Piccolo.
ciniratə s.f. Scherzo.
ciòcchəla nèirə s.f. - Cozze (Mytilus galloprovincialis).
cioféchə s.f. [ar. sciafek «scadente»]- Roba scadente, qualunque cosa non buona da bere o da mangiare..
ciòppə agg. s.m. - Zoppo.
ciòppəchə avv. - Zoppiconi.
ciorvə agg., s.m. - Ubriacatura: té nu ciorvə, è ubriaco.
cipallə s.f. - Cipolla (Allium cepa). Dajjə, dajjə la cipallə divendə ejjə. Dagli, dagli e dagli la cipolla diventa aglio.
cippetèllə s.m. - Fuscello, sottile ramoscello di legna secca.
cipullatə s.f. (gastr.) - Cipollata, piatto a base di cipolle.
circhjə s.m. cerchio.
cirècə s.f. - Ciliegia; bomma cirècə, duroni .
cirtə agg.indef. - Sempre preposto al sost., per indicare qcs. o qcn. in modo indeterminato, qualche, alcuno, dato, determinato.
cistarèllə s.m. - Cestino.
cištèinə s.f. - Specie di cesta, fatta di vincigli di castagno o di altro albero, intrecciati, che si adatta e si ferma sul basto con le funi.
cištìnəjə s.f. - Tartaruga: si iṷtə pə reccə o pə cištìnəjə.
citarəllə s.m. - Vino cattivo, tendente all’acido.
citərnə s.f. - Cisterna, serbatoio in muratura, spec. interrato, per la raccolta dell’acqua piovana.
ciucciarìllə s.m. - Asinello.
ciucculallə s.f. - Tellina (Donax trunculus).
ciuclattirə s.f. - Bricco.
ciufèllə s.m. - Zufolo, fischietto di coccio o di latta per i ragazzi: la bandə də lu Cupellə, tre tambirrə e nu ciufèllə.
ciuffulé v.intr. e tr. - Fischiare.
ciuffulènnə s.f. - Fichiata.
ciufilli s.m. - Fischietti.
ciullattə s.m. (pl. cellettə) - Uccello.
ciummùnirə s.m. - Camino. • Espressioni (con uso fig.): é nairə gnè la c., è nero come fuliggine.
ciundrejnə s.f. - Cinghia dei pantaloni.
ciungiarə s.m. - Cenciaiolo, chi compra e vende stracci.
ciungiàṷnə s.m. - fig. Uomo mal ridotto.
ciuntràṷnə s.m. - Grosso chiodo. • Espressioni (con uso fig.): ciuntràṷnə a la coccə, afflizione o preoccupazione continua, assillante, idea fissa.
ciuppàṷne s.m. - Spine.
ciuppucà v.intr. - Zoppicare.
ciuprèddə s.m. - 1. Arciprete. 2. (zool.) Mantide religiosa (Mantis religiosa).
ciurvàṷnə s.m. - Persona ardita e gagliarda.
cîṷsə s.m. (bot.). - Mora del gelso bianco (Morus alba).
cistìṷnə s.m. - Gabbione ripieno di pietre, che si colloca sul greto di un fiume per difesa dalle inondazioni.
ciutràṷnə s.m. (bot.). - Cocomero, anguria.
còccə s.f. - Testa, capo: coccia pelatə, testa calva, testa rasata; strofetta: coccia pelatə nghə ttrenda capellə / tuttə la nottə ci candə lə grellə / e lu grellə ci’à candatə / bonaserə cocciapelatə. • Espressioni (con uso fig.): testardaggine, coccia tostə, testone; la còccə sott’ l’acciattə, viva Franciaschə, o anche intelletto, ingegno, mente: té na còccə; nə jə ci’andrə a la còccə, non apprende. Chə tə deicə sa còccə? Che ti frulla per la testa? Còccə də cazzə, Espressione volgare per indicare una testa poco pensante, condotta da stimol indotti come per il pene. Còccə də chèzzə, Espressione volgare per indicare una testa poco pensante, il niente, il nulla riferito ai beni materiali
coccò s.m. - Nome fanciullesco dell’uovo.
còfənə s.m. - Quantità di escremento umano, gran quantità di roba.
còllə s.m. [lat. collum]. 1. (anat.) Collo, parte del corpo umano e di altri vertebrati che unisce la testa al busto. 2. Parte assottigliata e ristretta di un recipiente: lu còllə də la buttejjə; 3. (abbigl.) parte della camicia o della veste che cinge il collo: lu còllə də la cameciə. Locuz. prep. ngollə, in braccio. • Espressioni (con uso fig.) e prov.: fam., ma fattə allungà lu còllə (a qualcuno), fare aspettare molto, prima di concedere ciò che uno desidera. La nàṷcə də lu còllə, la nuca, il nodo del collo.
còllə s.m. [latin. collis]. - Colle, piccolo monte. ‣ Dim. cullattə. Toponimo: lu cullattə də lu bellə vedà, colle del belvedere, sito in contrada San Berardino.
cojjə v.tr. - Cogliere: cojjə la leivə, cogliere le olive. Colpire: ni j’accojə, non colpire.
còmədə agg. [lat. commodus]. - 1. Comodo: casə comədə, casa comoda. s.m. 2. Comodo, agio, stà còmədə. 3. Ernia: s’à fattə lu còmədə, si dice per scherzo degli erniosi i quali avvertono i cambiamenti del tempo prima che questi avvengano, perché le depresioni atmosferiche producono il prolasso dei loro tessuti organici.. 4. comədə casə, stoviglie, arnesi, piatti, mobili, tutto ciò che serve in cucina.
condrachezzə solo nella loc. nghə lə condrachezzə,detto di ciò che è di elevata qualità (nel bene e nel male).
contrapartèitə s.m. - Avversario: quessə ni è di lu nustrə, è contrapartèitə, costui non è dei nostri, è avversario.
còppa còppə avv. - Intero intero.
còppə s.f. - 1. È un grosso coperchio concavo di ferro con un manico, che sfrutta il calore del camino. Sopra un recipiente di ferro o meglio la nuda pietra si collocano le pietanze da cuocere, si chiude con il coppo e si ricopre il tutto di brace e carboni ardenti. Questo garantisce una cottura uniforme, senza togliere sapore agli alimenti. 2. Uno dei quattro semi delle carte da gioco napoletane: fig. è rmastə para a còppə e dəsperə a danarə, è rimasto senza una lira.
coppə s.f. - L’orbita oculare. fig. a chi non ha più niente si dice che a perzə pìṷrə la coppə dəll’ucchiə.
còrdə s.f. - 1. Corda, fune. ‣ Dim. curduciallə. 2. Molla dell’orologio: dà la cordə a lu rəlloggə, ricaricare l’orologio.
còssə s.f. [lat. coxa]. - Gamba, coscia di bestia macellata: cossə d’agnellə, coscia d’agnello. • Espressioni (con uso fig.) è də la còssə, il prediletto.
còštə s.f. - 1. Terreno in pendio. 2. Salita ripida. • Fig.: pianə e còštə è tuttə rrobba nostrə. rubare. La còštə də majjə, i tempi più difficili dell’annata, perché a maggio, essendo consumato il raccolto dell’anno precedente e non essendo ancora maturo il nuovo, le derrate aumentano di prezzo. Toponimo: lə Còštə, località dell’agro di Monteodorisio tre le contrade santa Lucia e Giarriccia.
cotanӡènӡərə s.f. - (zool.) Uccello passeriforme paride (Parus major), con cappuccio nero, parti inferiori gialle e dorso verde oliva.
còttə p.pass., agg. - 1. Cotto, cotta: lu vèi̯nə còttə, il vino cotto; còttə ferratə, vino cotto ferrato, cioè vino cotto in cui, durante la fermentazione viene immersa una lamina arroventata. 2. Bruciato, scottato: sopra lu còttə l’acqua vəllendə, sopra la scottatura l’acqua bollente, disgrazia sopra disgrazia; Chə lə vo còttə e chə le vo crìṷdə, chi la vuol cotta, chi la vuol cruda, per indicare discordia di opinioni, diversità di desideri. U còttə u crìṷdə lu fèṷchə la vidìṷtə,
cózzəchə s.m. - Unto, sudiciume che si forma sulla pelle e sugli abiti, spec. intorno al collo. ⇒ nguzzucàtə
cràidə v.intr. e tr. - Credere: ngi cràidə, non ci credo; ci’ à cridiutə, l’ha creduta, l’ha bevuta.
crapàṷnə s.m. (zool.). - Becco maschio della capra atto alla riproduzione.
craparə s.m. - Capraio, chi fa pascere e custodisce le capre.
cràšchə s.f. 1. - Crosta, strato superficiale duro e secco di qualcosa: cràšchə də lu pånə, də cascə. 2. (med.) Massa che si forma per la coagulazione del sangue o di siero o di linfa in corrispondenza di una lesione.
cràsəmə s. f. [lat. tardo chrisma, dal gr. khrísma “unzione”]. - (teol.) Cresima, Sacramento che conferma definitivamente l’appartenenza del battezzato alla Chiesa come corpo mistico.
crastà v.tr. - 1. Castrare. 2. Per simil., crastà le castagne, inciderne trasversalmente la scorza prima di arrostirle, perché non scoppino quando si mettono al fuoco.
cràštrə s.f. (zool.). - Averla, uccello dell’ordine dei Passeriformi (Lanius Collurio), carnivoro, dal becco uncinato e con coda a ventaglio. • Espressioni (con uso fig.): se’bbuttatə gné na cràštrə, ha mangiato ben bene.
cràṷcə s.f. [lat. crux crŭcis]. - Croce. (pl. Crìṷcə) • Espressioni (con uso fig.): mə sò jutə a fà la Cràṷcə e mə sò cacciatə l’ucchijə, mi sono fatto il segno della Croce e mi sono cavato un occhio.
cràṷnə s.f. - Corona del rosario.
crədènӡə s. f. [lat. mediev. credentia, der. di credĕre “affidare, fidarsi, ritener vero”]. - (pop.) Vendita a credito; facoltà di non pagare subito per la fiducia di cui si gode. • Espressioni: dungh’ a ddò vajjə mə fannə crədènӡə, dovunque io vada mi fanno credito.
crepandarejə s.f. - Atteggiamento d’indifferenza di persona abulica e apatica.
crepàtə s.m. - 1. Sgarbato, dispettoso: si’ nu crepatə e susputtausə.! Sei un dispettoso. 2. agg. aria crepatǝ, aria uggiosa, afosa.
crescə sandə augurio che si fa a un bambino che starnuta.
crəsəmatə fig.: rompere.
Crestə che vò Crestə hocchə sə lə preghə, chi vuole l’aiuto certo del Signore glelo chiede prregandolo.
Cricchǝ nella sola locuzione: Cricchǝ, Crocchǝ e mènechǝ d’ngeinǝ, detto per scherno quando si vedono insieme tre balordi.
crijatiurə s.f. creatura, bambino, bambina. ‣ Prov.: crijatiure natə, dəštéinə datə, ognuno nasce con un proprio destino.
crijéṷlə s.f. (bot.). - Vilucchio (Convolvulus arvensis).
crijulə s.m. - Legaccio per legare le scarpe, stringa di cuoio.
criscesàndə - Salute! (Detto a persona che starnutisce).
criscimùnijə s.m. - Sviluppo del corpo umano.
crišcinzə s.f. - Luna crescente.
crisommelə s.f. 1. Albicocco alessandrino [dal latino chrysomelum comp. del greco chrysos oro e melon mela]. 1811 Soppressione del Convento di san Berardino di Monteodorisio Giardino: “Il descritto monastero è circondato da circa sei tomoli di terreno ad uso di orto secco, dove vi sono quattordici viti grandi di uve scelte. Ventisei piedi di fichi di diversa qualità, tre piedi di noci, nove piedi di olivi, sette olmi, un cipresso, due piedi di amarene, due piedi di mele, due di mandorle, quattro di granati, due di cotogni, due di crisomele e sette quercette.” 2. fig. Percosse, botte. 3. Cosa grande.
crištijnə s.m. e f. - Persona, individuo: è nu santə crištijnə, un brav’uomo; fà lu cruštijnə, per raccomandare ad alcuno di non commettere sciocchezze.
crištianàṷnə s.m. - Di grande statura, omaccione, anche Sand’Andòniə.
crìṷdə agg. - Crudo: niṷdə e criṷdə, nudo e crudo, cioè senza niente; ciairə crìṷdə, cera dura, grinta.
crìunə s.f. - Cruna dell’ago.
cròllə s.f. - Filza, serie di cose infilzate: nu crolle di pipiune, una filza di peperoni.
crùachə s.f. [dal lat. cloaca, che deriva dalla stessa radice del gr. κλζω «lavare, pulire»]. - Fogna, cloaca.
cruciufussà v.tr. - Fig., tormentare, perseguitare
crusəmatàṷrə s.m. - Vescovo.
cuàtə s.f. - Insieme di uova che un uccello cova in una volta, estens., nidiata di pulcini.
cucagnə s.f. - Cuccagna, albero della cuccagna: tipica cuccagna dei maccheroni: coloro che prendo parte al gioco si fanno legare le mani dietro alla schiena e, curvati sopra grosse scodelle piene di maccheroni, mangiano avidamente: è proclamato vincitore e intasca il premio, chi riesce a finire la propria porzione prima degli altri.
cucchjaréinə s.m. - Cucchiaino.
cucchjérə s.f. - Cucchiaio, cazzuola (antic. cucchiaia, cucchiara); fraseol.: hé na mèzza cucchjérə, è un muratore poco valente.
cucchjə s.m. - Spec. al plur., frammento o rottame di oggetti di terracotta o materiali affini ; locuz.: l’a fattə cucchjə cucchjə, lo ha ridotto in pezzi minutissimi.
cucchjirə s.m. - Chi guida per mestiere una carrozza a cavalli, sia in servizio pubblico sia di proprietà privata (soprattutto in passato, quand’erano ancora in uso le carrozze padronali e i cocchi di lusso e da parata). Soprannome.
cucciannə s.f. - Capata, colpo di testa.
cucciattə s.f. - Testina di agnello o capretto; m’àjə magnatə la cucciattə nghə lə patànə, ho mangiato la testina di agnello con le patate.
cucciujà v.tr. - Muovere la testa più volte, per esprimere disapprovazione, diniego o dubbio.
cucciulàṷnə s.m. - Uomo di grande ingegno.
cuccuturillə s.m. - Geco, lucertola di muro.
cuccuvajə s.m. - Gufo.
cucé v.tr. - Cucire.
cucèndə agg. - Piccante, di peperoni e simili: pipíṷnə cucində, peperoni piccanti.
cucévǝlə agg. - Che si cuoce facilmente, di facile cottura, detto spec. di legumi.
cuciàṷrə s.m. - Bruciore: sèndə nu cuciàṷrə all’ùcchiə, sento un bruciore negli occhi.
cucitiurə s.f. - Cucitura: càndə zi pejə lu sartàṷrə pe la cucitiṷrə? Quanto prende il sarto per cucire?
cucucciallə s.f. - (bot.) Zucchino.
cucucciallə maréjə s.f. - (bot.) Cocomero asinino (Ecballium elaterium).
cucucciarə s.m. (entom.). - Grillotalpa: grosso insetto simile al grillo (Gryllotalpa gryllotalpa), dannoso all’agricoltura, con zampe anteriori larghe e forti con cui scava ampie gallerie nel terreno.
cuculòttə s.m. - Pietra grossa.
cucurummǝllǝ s.m. - Piccolo vaso di terracotta.
cucuzzarə s.m. - Nel gioco è il capo gioco.
cudacchirǝ s.m. - L’ultimo della fila dei lavoratori che mietono. Contrario di andinirǝ, che invece sta a capofila. ⇒ andinirǝ.
cudallə s.f. - Nuca.
cudujà v.tr. - Mostrare nei confronti altrui un atteggiamento condiscendente e servile.
cuffujé v.tr. - Prendere in giro, canzonare, beffare.
cuggèinə s.m.e f. - Cugino: fratemə cuggèinə, sorma cuggèinə, mio cugino, mia cugina..
cugnə s.m. - Cuneo, prisma a sezione triangolare di metallo terminante con uno spigolo acuto, usato per fendere o spaccare pietre, legname, ecc..
cugnàṷsə agg. - Che presenta buccia dura e spessa: sti níṷce, sti mennelǝ sonne cugnìṷsǝ, queste noci, queste mandorle son quasi tutta buccia.
cujatanӡə s.f. - (econ.) divisione territoriale, atto della divisione..
cujétə agg., - Quieto, calmo, zitto: stà zéttə e cujetə, stare in perfetto silenzio e senza muoversi.
cujunà v.tr. - Canzonare, gabbare, frodare.
culà v.tr. - Gocciolare, stillare: mǝ càulə lu tattə, mi gocciola il tetto.
culallǝ s.m. - Parte del filone di pane tagliato nel canto estremo, dove c’è più crosta.
cularellə s.m. - Colino.
culerə s.m. - Puzza intensa e disgustosa.
cullattə s.m. - Colletto di camicia, solino.
culucà v.tr. [lat. collŏcare “collocare”, nel lat. tardo “coricare”]. - Coricare, andare a dormire, mettersi a letto. : me so’ culucàte nghe le halléjne, sono andato a letto presto, con le galline; gnà t’arfi’ lu lettǝ accuscè tǝ ci chiliquǝ, come ti fai il letto così ti ci corichi = chi la fa l’aspetti.
culunnattə s.f. - Comodino.
cumbagnejə s.f. - Compagnia di pellegrini.
cumbaré v.intr. - Comparire, far bella figura: sparagnə e cumbaréscə, risparmi e fai bella figura.
cumbassatàṷrǝ s.m. - Perito che misura i terreni, agrimensore.
cumbèinə s.m. - Confine, limite.
cumbìttə s.m. [dall’ant. confetto agg. “confettato, candito”]. - (gastron.) Confetti: fig.: canda i fì ssaggià’ li cumbìttə? Quando vi sposerete?. • Prov.: doppə li cumbìttə èscə lə difìttə, dopo i confetti escono i difetti(Questo proverbio non ha soltanto un riferimento matrimoniale, e cioè che, dopo il matrimonio, viene fuori qualche magagna che si è celata prima, ma si riferisce anche ad eventuali intoppi che possono insorgere dopo aver concluso un affare a stipulato un accordo). • Prov. mattə l’asenə a cumbìttə, mettiamo l’asino a confetti, riferito a chi si e’ abituato male, per esempio ad un tenore di vita al di là delle proprie possibilità......e non vuol rinunciarci.
cumblemèndə s.m. - Regalo, dono: m’ha fàttə nu bellə cumblemèndə! Mi ha fatto un bel dono.
cumbudènzə s.f. confidenza, familiarità. • Prov.: la cumbudenzə è padraunə di mala crianzə, dimostrarsi eccessivamente confidenziale stimola la maleducazione altrui.
cumé s.m. - (arred.) Cassettone, mobile a cassetti in genere.
cummanà v.tr. - Comandare.
cummàttə v.pronom.intr. - 1. Affaccendarsi, provare, ingegnarsi: ciàje cummattiutə pi na bbóna mèzzaurə, ci ho provato per una mezz’ora almeno; aver a che fare: ngi vùjə cummàttə, con quella persona non voglio avere a che fare. 2. Richiedere l’invio di una merce da parte di un produttore.
cummèjə s.m – Disposizione regolata, ordine. Nən’ gə stà cummèjə,
cummudiandə s.m. e f. - Chi fa chiasso, girandolone.
cummujé v.tr. - Avviare, cominciare, iniziare: si cummujétə la fatéjə? Hai cominciato il lavoro?
cummullà v.tr. - Convincere, persuadere.
cummuné p.pres. - Essere conveniente, convenire: nən mə cummìnə prùpriə, non mi conviene affatto.
cummudiàndə s.m. - 1. Chi fa chiasso, commediante. 2. (fig.) donna leggera, civetta.
cummunziaunə s.f. - Convulsione, dei bambini o dei malati in genere.
cumunzà v.tr., intr. - Cominciare, iniziare. ‣ Espressioni e prov.: sǝ cumenzǝ nghǝ sunǝ e cantǝ e se fǝnescǝ nghǝ penǝ e guajǝ, si inizia con canti e suoni e si finisce tra pene e tormenti, si usa dire quando con esagerati entusiasmo e allegria si intraprendono attività, soprattutto collettive, che poi sono destinate a finire male .. è un invito alla prudenza e alla moderazione! ... Appropriatissimo in caso di matrimoni!
cundà v.tr. e intr., contare, valere: ti nin chinde e n’acchiuse, non conti nulla.
cundale s.m. - Quintale.
cundendàzze s.f. contentezza, gioia.
cundète p.pass. di cundà: contato, numerato: li so cundete, sono contati.
cundràrie agg. - Avverso, contrario: avvucate cundràrie, avvocato avverso.
cunéje s.m. [lat. cuniculus]. - (zool.) Coniglio.
cunetə s.m. - Cognato: cunetəmə, mio cognato.
cumgemè v.tr., concimare.
cungià v.tr. - Vagliare, facendo passare attraverso lo staccio, la parte più raffinata da quella più grossolana sia dei cereali che di qualsiasi altra sostanza granulosa: so’ cungiàteə lu grànə ca hàia macinà, ho vagliato il grano per portarlo al mulino.
cungiatàṷrə s.m. - Grosso crivello.
cungrià v.tr. - Riferito a donna o ad animale femmina, accogliere in sé il germe di una nuova vita, restare incinta.
cungulèinə s.f.- Piccola conca.
cunnulallə s.f. - Culletta.
cunzágnə s.f. - Rituale che si svolgeva otto giorni prima dello sposalizio e consisteva nell’esposizione e nella verbalizzazione (assəngà) di tutto il corredo andato in dote alla sposa, con tanto di indicazione di stima economica. Imbottite, materazzi, coperte, lenzuola, federe, tovaglie, fazzoli e fazzoletti di percalle, gonne, cappotti, gioielli, venivano accuratamente descritti e poi impacchettati in banchi, valige e canestri bianchi e spediti a casa degli sposi promessi a bordo di carretti pavesati a festa. Con tanto di corteo di ragazzi festanti.
cunzéjjə s.m. - Consiglio: da chi nən tè màjjə e né fejjə, nən cercà ne parèrə né cunzéjjə, a chi non ha né moglie né figli non chiedere né pareri né consigli.
cunzéulə s.m. - Uso funerario, consistente nell’offerta di cibi, mandati a turno da parenti e amici alla famiglia di un morto nei primi giorni del lutto, nei quali il focolare rimane spento.
cupajàṷnə s.m. - Largo, abbondante: sə fattə gnè nu cupajàṷnə.
cupujà v.intr. - Dormire, coricarsi.
cuppə s.m. - Erba.
cuppə chéllə s.f. - Impacco caldo.
cuppéinə s.m. - 1. Mestolo: quantità di cibo contenuta nel mestolo: nu cuppéinə di breudə, un mestolo di brodo. 2. fig. schiaffone, manrovescio.
cuppìṷtə agg., - 1. Fondo, concavo, di piatto: lu piattə cuppìṷtə, il piatto fondo. 2. Profondo: lu pazzə è cuppìṷtə, il pozzo è profondo.
cuppié dar botte.
cupurtàṷnə s.m. - Lungo e largo telo di traliccio, su cui si spande al sole il grane lavato.
curajjèinə s.f. - (bot.) Corallina, alga del genere Corallina (Corallina officinalis) usata in medicina come vermifugo.
curajjə s.m. - Corallo. Fasciulə a curajjə, fagiolini corallo.
curdellə s.f. - Dim di cordə, cordellina.
curdischeié dar botte.
curè v.tr. - Curare, aver cura, prendersi cura: curè la leivə, mettere le olive nella soda perché perdano il sapore amaro e diventino dolci; curè lu lejnə, curare il lino.
curélə s.f. - Querela.
curiə (fig.) - La vita, la salute Espressioni: fig., pop., ma luàtə lu curiə, mi sta consumando, distruggendo; t’ajja luà lu curiə, ti devo togliere la vita; ma fattə arcascà lu curiə nderrə, .
curnìṷtə agg., s.m. - Tradito, ingannato dalla moglie. ‣ Espressioni (con uso fig.) e prov.: è nu poverə curnìutə; curnìutə e mazziàtə, cornuto e bastonato, il detto non si riferisce soltanto al caso specifico enunciato, ma a tutte le volte che una persona ha fatto una cosa che gli è costata non poco e, ciononostante, è stata male ricompensata; lu veuvə deicə curnìṷtə all’asənə, perché chi dà dell’asino, si busca dal bue; lu litǝmǝ a saparlǝ è lu curnìṷtǝ, l’ultimo a sapere è il cornuto. ‣ Accr. curnutàṷnǝ.
curpattə s.m. - Gilet.
currajə s.f. - Striscia sottopancia dell’asino.
currèi̯və s.m. - Dispetto, puntiglio, puntiglio, rancore, risentimento personale provocato da orgoglio. Nən tə mattə a currèi̯və, assumere atteggiamento di dispetto.
curtèllə s.m. [lat. cŭltĕllus, dim. di culter “coltello”]. - Coltello; lu curtèllə də lu scarparə, trincetto è un utensile costituito da una lama in ferro molto affilata e leggermente curva con il tagliente obliquo. È usato principalmente dal calzolaio per tagliare le pelli, le suole e per la fase di rifinitura; su curtellǝ tajjǝ l’acquǝ e spèzzǝ lu ventǝ, quel coltello taglia l’acqua e spacca il vento - usato, prevalentemente a tavola, per definire una lama non affilata o un coltello bello da vedere ma inefficace all’atto pratico. Panə e curtellə n’abbottə mà lə vədellə,
cusarəllə s.f. - Cosina.
cusarìllə s.m. - Giocattoli.
cuscè v. tr. - Cucire.
cuscèitə s. m. [part. pass. di cucire], solo al sing. - Cucito.
cuscèinə s.m. - Cuscino.
cuscinzə s.f. - Coscienza: pàssəetə la ménə sopr’à la cuscinzə, mi rimetto alla tua discrezione; cuscinzə e qṷatrèinə ‘nzə sa chə lə té, coscienza e quattrini non si conosce chi ce li ha.
cussàttə s.m. - Coscio, cosciotto.
cuštatə s.f. - (anat.) Costola, dell’uomo.
cuštatéllə s.f. - Costoletta, fetta di carne tagliata nella lombata o nel carré di vitello, di agnello o di maiale
cuštìumə s.m. - Costume, vestito.
cuštumajə s.f. - Uso, usanza.
cutarellə s.f. - Cote, arnese per affilare, formato da un pezzo di pietra abrasiva naturale.
cutə cutə loc. avv. - Quatto quatto, che sta raggomitolato, rannicchiato in silenzio per non farsi scorgere.
cutràṷnə s.f. - Argilla, terra argillosa.
cuttàṷrə s.m. - Paiolo, pentolone largo e profondo, spec. di rame o alluminio con manico di ferro semicircolare, adatto a essere appeso al centro di camini e usato per cuocere vivande o scaldare l’acqua. ‣ Dim. cutturìllə. Canz.: mo chə partə lu 101 nən’ gi’armanə cchjù nəscìṷnə, Coccəmattə e Cuccuccillə, Cunciuttinə di Cillinillə məttài̭və lə sagnə a lu cutturìllə.
cutucàṷnə agg. - (fig.) 1. Persona rozza, villana. 2. Avaro, spilorcio, tirchio.
cutulè v.tr. - Bacchiare, battere con il bacchio i rami di un albero per farne cadere i frutti
cutulétə s.f. - Scrollata.
cuturnèttə s.m. [dal lat. cothurnus]. - Calzino corto.
cuturézzə s.m. - Codrione, parte terminale della colonna vertebrale degli uccelli che sostiene la coda; estens., scherz., coccige dell’uomo.
cuzzattə s.f. - Nuca, ha un taglio di capelli molto basso.
cuzzechə də sandə Lazzarə s.m. - Malattia delle piante che si manifesta con escrescenze sui diversi organi. • Espressioni e prov.: tə sə frəcatə pìṷrə lə cuzzechə də sandə Lazzarə,

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